Una catena tedesca di supermercati discount ha recentemente provato a far pagare i clienti in base ai costi climatici e sanitari di un alimento.
La catena Penny, che gestisce 2.150 filiali nel Paese, ha introdotto nuovi prezzi per nove prodotti in tutti i suoi negozi per una settimana di prova all’inizio di agosto. I prezzi riflettono i “costi reali” (“wahre Kosten”) dei prodotti, per lo più carne e latticini.
I prezzi sono stati determinati da esperti di due università, l’Istituto di Tecnologia di Norimberga e l’Università di Greifswald. I costi riflettevano l’impatto dei prodotti sul clima, sul suolo, sull’uso dell’acqua e sulla salute. Le salsicce Weiner sono passate da 3,19 a 6,01 euro e lo yogurt alla frutta è passato da 1,19 a 1,56 euro. Anche le cotolette vegane hanno subito un aumento dei prezzi, ma in misura minore, con un incremento di appena il 5%. Il costo del formaggio Maasdam, per fare un confronto, è stato aumentato del 94%.
“Vogliamo creare una consapevolezza sui costi ambientali nascosti dei generi alimentari”, ha dichiarato ai media tedeschi Stefan Görges, direttore operativo di Penny. “Dobbiamo trasmettere lo scomodo messaggio che i prezzi dei nostri prodotti alimentari, maturati lungo la catena di approvvigionamento, non riflettono in alcun modo i costi ambientali”.
L’impatto ambientale dell’agricoltura animale
È innegabile che la produzione di carne e formaggio sia catastrofica per l’ambiente. Oltre a essere responsabile di almeno il 14,5% delle emissioni globali di gas serra, l’allevamento di bestiame è anche responsabile della deforestazione, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento delle acque.
Gli esperti delle due università tedesche hanno stabilito che il formaggio Maasdamer aveva “costi nascosti” di 85 centesimi per le emissioni di anidride carbonica (CO2) e metano. Hanno aggiunto 76 centesimi per i danni al suolo e 63 centesimi per i pesticidi. Altri 10 centesimi sono stati dati per tenere conto dell’inquinamento delle falde acquifere dovuto all’uso di fertilizzanti.
Il metano è un potente effetto serra che nei primi 20 anni di permanenza nell’atmosfera è 80 volte più riscaldante della CO2. Ha anche un’emivita molto più breve, il che significa che la sua riduzione ha il potenziale di rallentare rapidamente il riscaldamento globale, dandoci più tempo per affrontare le emissioni di carbonio. Le pratiche agricole intensive causano inoltre danni significativi al suolo, mentre i pesticidi danneggiano la salute degli agricoltori e l’ambiente in cui vengono utilizzati.
I supermercati dovrebbero assumersi la responsabilità del clima?
Riconoscere e contabilizzare i costi climatici degli alimenti è una mossa eccezionalmente rara da parte di un supermercato. Tuttavia, in Germania sembra esserci una tendenza crescente in tal senso.
All’inizio di quest’anno è stato annunciato che il discount economico Lidl avrebbe ridotto la quantità di carne venduta nei suoi supermercati nel Paese. Ciò era in linea con una spinta aziendale alla sostenibilità, che comprendeva anche l’aumento del numero di prodotti a base vegetale disponibili nei negozi.
“Abbiamo bisogno di una dieta più consapevole in tutto il mondo per nutrirci entro i limiti del nostro pianeta”, ha dichiarato all’epoca Christoph Graf, responsabile degli acquisti di Lidl, che ha proseguito affermando che non c’è “nessuna alternativa” alla riduzione della carne di Lidl perché “non c’è un secondo pianeta”.
Tuttavia, non tutti i Paesi hanno adottato tali misure. Il mese scorso è stato reso noto che tutte le principali catene di supermercati del Regno Unito stanno dando priorità alle vendite di carne e latticini rispetto al pianeta. Lo studio, condotto dal gruppo ambientalista Feedback, ha rilevato che negozi come Tesco e Sainsbury’s promuovono prodotti dannosi per il clima mentre promuovono “iniziative verdi minori”. Il rapporto paragona questo fenomeno al “greenwashing”, la pratica di commercializzare come ecologico qualcosa che è dannoso per l’ambiente.
