L’abbigliamento nella ristorazione: tra norme e scelte personali

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Chi sceglie l’abbigliamento di chi lavora in cucina deve tenere conto di tante esigenze diverse. Alcune riguardano le precise regole prescritte dalle normative HACCP, che riguardano espressamente chi maneggia e prepara gli alimenti; altre invece sono dettate dal buon senso e dalle necessità dalla specifica attività di ristorazione. Considerando anche il fatto che non tutti svolgono il medesimo ruolo e hanno quindi gli stessi bisogni.

Le norme HACCP

La sigla HACCP indica un sistema di controllo che riguarda la sicurezza igienica nell’ambito della preparazione degli alimenti. Il decreto legislativo 193 del 2007 prevede che il responsabile di un’impresa che prepara alimenti si occupi di mantenere un livello di igiene elevato, per limitare problematiche correlate all’ingestione di cibi contaminati. I protocolli HACCP riguardano anche l’abbigliamento professionale per la ristorazione, nello specifico gli abiti di chi lavora in cucina, quindi chef, aiuto cuochi e chiunque si occupi della preparazione e della lavorazione degli alimenti. I punti critici riguardanti l’igiene chiamano in causa anche camerieri e aiuti di vario genere, ma ovviamente in modo diverso rispetto a chi effettivamente prepara i cibi. Tale normativa quindi comprende delle regole diverse a seconda dell’attività svolta da chi opera nella ristorazione. È il responsabile della singola attività che deve prendersi carico di valutare i potenziali rischi per la salute e anche indicare a ogni singolo soggetto quali indumenti utilizzare, seguendo poi la normativa. Questa prevede che chi prepara gli alimenti deve indossare un copricapo, evitare di indossare gioielli o smalto per le unghie e indossare scarpe antinfortunistiche, che evitino cadute durante il turno lavorativo.

Come ci si veste nella ristorazione

Nello svolgimento dei vari ruoli che si svolgono in una cucina, in un ristorante o in un bar non è necessario utilizzare vari DPI. Questo perché solitamente l’utilizzo di attrezzi e utensili vari non comporta rischi per la salute. DPI utilizzati in cucina possono essere le già citate scarpe antinfortunistiche, così come bottoni e tessuti che non prendano fuoco facilmente se avvicinati a una fiamma, o para maniche che riparino le braccia dal calore e che evitino di impigliarsi in affettatrici e altri utensili. Molto spesso chi si occupa di queste realtà imprenditoriali preferisce l’utilizzo di specifiche divise, per l’intera brigata di cucina e di sala, o anche solo per alcuni elementi delle stesse. Il tipo di abbigliamento consigliato è solitamente comodo e pratico, in modo da offrire il massimo comfort durante il turno lavorativo. Inoltre la scelta di una divisa consente di mostrare un aspetto ordinato e uniforme di tutto il personale. In varie realtà si usano i colori delle divise, o anche specifici elementi di vestiario, per differenziare tra loro i diversi ruoli ricoperti dal personale, perché siano facili da notare già a un primo colpo d’occhio.

Chi compra l’abbigliamento

Anche se la gran parte degli abiti indossati durante il proprio turno lavorativo nella ristorazione non fanno parte a pieno titolo dei DPI, si tratta pur sempre di abbigliamento da lavoro. In quanto tale deve essere il datore di lavoro a fornirlo ai propri dipendenti e anche ad occuparsi della manutenzione. Tali abiti devono essere conservati in un altro luogo rispetto a quelli usati fuori dal ristorante. Se il singolo lavoratore lava in autonomia la propria divisa, il datore di lavoro ha l’obbligo di riconoscergli un rimborso economico per tale attività.

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